Questa procedura ha una finalità diagnostica ed è utilizzata per identificare eventuali metastasi linfonodali. Pertanto fornisce importanti informazioni riguardo la prognosi e la scelta terapeutica successiva.

Il linfonodo “sentinella” è così definito perché è il primo linfonodo drenante la linfa dalla sede del Melanoma primario e pertanto è il linfonodo che ha maggiore probabilità di essere interessato da eventuali metastasi.
In pratica, se è libero da metastasi, quasi certamente lo saranno anche gli altri linfonodi mentre, se risulta essere sede di metastasi, è possibile che anche altri linfonodi lo siano (probabilità del 15-20%).
Viene identificato mediante un esame (Linfoscintigrafia) che viene eseguito il giorno dell’intervento chirurgico e che prevede l’iniezione di un tracciante radioattivo nella sede della asportazione del Melanoma primario.
Successivamente, nel corso dell’intervento chirurgico, si procede alla sua identificazione con metodica “radioguidata” ed alla asportazione per l’esame istologico.
L’indicazione alla biopsia del linfonodo sentinella dipende dallo spessore di infiltrazione del Melanoma (indice di Breslow).
In generale questa procedura è raccomandata in caso di Melanoma con spessore superiore a 0,8 mm o in caso di spessore inferiore a 0,8 mm ma associato a un altro parametro istologico definito “ulcerazione”.
Quindi la biopsia del linfonodo sentinella è raccomandata per Melanomi in stadio pT1b o superiore. Non è invece raccomandata per Melanomi in stadio precoce cioè “in situ” oppure in stadio pT1a (spessore inferiore a 0,8 mm e senza “ulcerazione”).
L’intervento chirurgico di radicalizzazione e biopsia del linfonodo sentinella prevede una degenza di due giorni. Il paziente viene ricoverato il giorno stesso dell’intervento, dopo avere eseguito ambulatorialmente gli esami preoperatori di routine ed eventuali esami di “stadiazione” di malattia. Si procede alla linfoscintigrafia e, successivamente, all’intervento chirurgico. La dimissione avviene di norma la mattina successiva.